samedi 17 décembre 2022

Nota di lettura : Machiavelli

Il Principe
di Machiavelli
(*)

Ho esitato a lungo a parlare della personalissima interpretazione che mi sono forgiato, molto tempo fa, dell'opera di Machiavelli e, soprattutto, della sua opera più famosa : Il Principe. Nel tempo - capirete presto perché - si sono rafforzate le mie convinzioni sul significato da dare all'opera di Machiavelli. Sto cercando di spiegarne i motivi.

Il Principe di Machiavelli è un'opera molto nota, poco letta ma molto conosciuta. E, ancora oggi, dà luogo a giudizi in tutte le direzioni sul suo autore, sulle sue intenzioni, sul senso delle sue osservazioni, sull'esattezza di ciò che descrive, ecc. Il Principe fu scritto nel 1513, pubblicato nel 1532 e inserito nell'elenco dei libri proibiti nel 1559, anno in cui papa Paolo IV creò l'Index Librorum Prohibitorum.

Chi volesse ripercorrere la storia dei giudizi di cui il libro fu oggetto dovrebbe consultare autori tanto vari come Francis Bacon (1561-1626), Voltaire (1694-1778), Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), Federico II di Prussia (1712-1786), Friedrich Nietzsche (1844-1900), Max Weber (1864-1920), Benedetto Croce (1866-1952), Ernst Cassirer (1874-1945), Benito Mussolini (1883-1945), Léo Strauss (1899-1973), Raymond Aron (1905-1983), Maurice Merleau-Ponty (1908-1961), Claude Lefort (1924-2010), Pierre Manent (1949 -), Carlo Ginzburg (1939 -), Maurizio Viroli (1952 -), e così via. Ce n'è per tutti i gusti.

Dalla seconda metà del XVI secolo l'aggettivo machiavellico designa colui che non rifugge da mezzi perfidi, ipocriti o addirittura diabolici per raggiungere i propri fini, colui che accetta che il fine possa giustificare tutti i mezzi. Nella misura in cui il significato dell'aggettivo machiavellico ha acquisito una sua autonomia, e anche nella misura in cui le intenzioni di Machiavelli rimangono molto dibattute fino ad oggi e alimentano un dibattito sempre rinnovato, sorge la domanda : Machiavelli era machiavellico ? Così formulata, questa domanda è ovviamente uno scherzo.

Quello che vorrei spiegare molto modestamente è ciò che personalmente ritengo debba essere pensato del libro e del suo autore. Potete giudicarmi audace ; voglio solo essere sincero.

Devo prima chiarire un po' il contesto in cui è stato scritto Il principe.

Machiavelli nacque a Firenze nel 1469 e vi morí nel 1527. Durante la sua vita Firenze visse molte vicende.

La Repubblica Fiorentina era stata fondata nel 1115 e sarà terminata nel 1559, quando fu fondato il Ducato di Toscana. Ma durante questo lungo periodo, il potere ha assunto forme molto diverse. Così, per lungo tempo, la famiglia Medici esercitò di fatto il comando della città. Il più famoso di questi Medici, Lorenzo il Magnifico, morì nel 1492. Suo figlio, Pietro II, fu spodestato nel 1494 dal frate domenicano Savonarola, priore del convento di San Marco, che instaurò una dittatura teocratica che stancò ben presto i fiorentini : fu arso vivo nel 1498. Dal 1498 al 1512 fu Pier Soderini ad esercitare il potere in un contesto molto turbolento. Nominato gonfaloniere a vita nel 1502 - funzione carica che normalmente durava due mesi - si sforzò di negoziare su tutti i fronti ; e questo, con l'aiuto di Machiavelli che aveva svolto fin dal 1498 importanti funzioni di segretario della Signoria. Alleatosi con la Francia, Soderini fu cacciato nel 1512 dalle truppe spagnole, che imposero il ritorno dei Medici. Ciò valse a Machiavelli, prima di essere sollevato dai suoi doveri, poi di essere imprigionato e torturato per un mese. Si ritirò poi nella sua casa di Sant'Andrea in Percussina, a sud di Firenze, dove scrisse Il Principe.

È importante sapere che l'epoca fu dominata da tre tipi di conflitti molto aspri e molto sanguinosi. In primo luogo, il conflitto tra famiglie che ambivano posizioni chiave, a cominciare dal papato (i Borgia, i Medici, i Della Rovere, gli Orsini e così via). Poi, il conflitto tra le entità italiane più importanti : Milano, Venezia, Firenze, Napoli e il Papato. Infine il conflitto tra i tre grandi stati europei, Francia, Spagna e Impero germanico, che si contesero l'Italia. Tutto ciò generava costantemente guerre, assassinii, alleanze rapidamente denunciate, tradimenti, perfidi di ogni genere. Insomma, i tempi erano duri. Fu quest'epoca che suscitò così tanta indignazione per gli eccessi della Chiesa che, almeno in parte, provocò la Riforma, a partire dal 1517.

Nello scrivere Il Principe, quali erano le intenzioni di Machiavelli ?

Quello che sembra quasi certo è che avrebbe voluto affidargli nuovamente missioni politiche sotto Lorenzo II, il nuovo Medici al potere. Perché il suo sogno era quello di elevare l'Italia al rango di grande potenza, al pari della Francia. E per questo pensava che fosse necessario un potere forte, stabile, capace di riunire sotto la stessa bandiera le autonomie regionali. Il suo obiettivo : descrivere cos'è veramente il potere politico, come si impadronisce e come si conserva, per creare così l’opportunità di realizzare il sogno di una nuova Italia.

Ciò che pone un problema - ma anche ciò che dà al libro il suo valore e la sua originalità - è che la descrizione dei metodi politici che ci si trovano è così realistica che sembra possibile interpretare le intenzioni di Machiavelli in molteplici modi. Claude Lefort individua 8 possibili interpretazioni, così come sono state difese nel corso dei secoli (1).

Cito le tre interpretazioni più semplici (bastano per quello che voglio spiegare) :
- oppure consiglia cinicamente di usare tutti i mezzi, compresi quelli che a molti sembrano moralmente riprovevoli, poiché il suo sogno è la priorità assoluta ;

- oppure presenta cinicamente consigli suscettibili di interessare un Medici in modo che gli venga offerta l'opportunità di difendere concezioni diverse, come un modo di concepire la Repubblica ;

- oppure approfitta di un libro che rivolge a un potente per descrivere cos'è veramente la politica, nei suoi aspetti più indegni, più cinici.
Si noti che il cinismo è presente in ciascuna di queste interpretazioni, una parola che Machiavelli però non usa. Ci tornerò.

Per rendere più concrete le infamie di cui si afferma che Il Principe sia pieno, leggerò due estratti atti a fornirne una piccola idea.

Nel capitolo XVII, che si intitola “Della crudeltà e della misericordia, e se sia meglio essere amati che temuti”, troviamo ad esempio questo :
« Cesare Borgia passava per crudele ; nondimanco fu alla sua crudeltà che dovette il vantaggio di riunire la Romagna co' suoi Stati, e di ristabilire pace e tranquillità in questa provincia […] E, tutto sommato, si ammetterà che questo principe fu più umano del popolo di Firenze, il quale, per non apparire crudele, permise che Pistoia fosse distrutta. Quando si tratta di contenere al dovere i suoi sudditi, non ci si deve preoccupare del rimprovero di crudeltà, tanto più che alla fine il Principe si ritroverà ad essere stato più umano, facendo un piccolo numero di esempi necessari, di quelli che, con troppa indulgenza, incoraggiano il disordine e provocano infine omicidi e rapine. » (2)

Il capitolo XVIII è intitolato "Se i principi devono essere fedeli ai loro impegni". Cito : « Quindi devi sapere che ci sono due modi di combattere, uno con le leggi, l'altro con la forza. La prima è propria degli uomini, l'altra è comune a noi delle bestie ; ma quando le leggi sono impotenti, è necessario ricorrere alla forza ; un principe deve saper combattere sia come uomo che come bestia.
[…]
Non è dunque necessario che un principe abbia tutte le buone qualità che ho enumerate, ma è indispensabile che sembri di averle ; Oserei persino dire che a volte è pericoloso servirsene, anche se è sempre utile dare l'impressione di possederle. Un Principe dovrebbe sforzarsi di guadagnarsi una reputazione di gentilezza, clemenza, pietà, lealtà e giustizia ; deve, inoltre, avere tutte queste buone qualità, ma rimanere abbastanza padrone di sé da dispiegare quelle opposte, quando ciò è opportuno.
 » (3)

Crudeltà e menzogna, questi sono due crimini a cui il principe non deve rinunciare. È da notare che la crudeltà così evocata, quella di Cesare Borgia, si riferisce in particolare all'episodio di Sinogaglia : il 31 dicembre 1502, egli invitò i suoi avversari (i fratelli Orsini, Vitellozzo Vitelli e suo genero Oliverotto da Fermo ) a un banchetto di riconciliazione durante il quale li fa arrestare e strangolare. Quanto alla menzogna in questione, essa è niente meno che la demagogia più ampia che ci sia, quella che mira a darsi un'immagine che nasconda il suo vero volto.

Vengo ora al mio modo di vedere l'opera e il suo autore.

Come dicevo : comunque si interpretino le intenzioni di Machiavelli, ci si scontra con il cinismo, che sia il suo, quello che descrive o quello che denuncia. Dopotutto, non importa quali siano le sue intenzioni. Quali che siano le ragioni, elabora un'osservazione della vita politica, di cui è opportuno chiedersi se corrisponda o meno a ciò che realmente è, in particolare perché è la prima volta che viene affermata in modo così deciso l'irriducibilità tra moralità e politica. Tra coloro che accolgono questa osservazione, c'è chi non esita a stabilire un parallelo tra la scoperta che Machiavelli avrebbe fatto, all'inizio del Cinquecento, della natura della politica e la scoperta che fece Galileo, all'inizio del XVII secolo, dei movimenti reali della Terra. (4)

Proviamo ora a definire cosa si intende per cinismo.

Come tutti sanno, la parola cinismo fu usata inizialmente per designare una corrente filosofica dell'antica Grecia i cui rappresentanti più famosi furono Antistene e Diogene. Deriva dall'antica parola greca κύων, che significa cane, perché Diogene non esitò a considerare l'animale come superiore all'uomo, in particolare in quanto si accontentava di vivere frugalmente, senza inventare vincoli che la vita non impone.

Ci sarebbero ovviamente molte cose da dire sul cinismo antico, anche se tutto ciò che ne sappiamo viene da ciò che abbiamo appreso da autori che a volte sono stati molto più tardi. Tra questi autori che hanno documentato il cinismo, ce n'è uno in particolare a cui si devono la maggior parte dei celebri aneddoti relativi a Diogene. Questo autore è in un certo senso un omonimo, poiché il suo nome è Diogene Laerzio. Se Diogene di Sinope, il cinico Diogene, visse nel IV secolo a.C., Diogene Laerzio visse nel III secolo d.C., circa 5 secoli dopo di lui. Vale a dire che rimangono tanti dubbi sulla realtà di questi aneddoti.

La questione che vorrei affrontare è se, rifiutando le convenzioni sociali fino a ridere delle regole che gli umani si danno e rispettano, i cinici per tutto ciò fossero immorali o amorali ? E la risposta è no : non erano né immorali né amorali ; portavano una morale molto esigente, anche se molto diversa dalla morale prevalente. Faccio solo un esempio, un esempio che permette - credo - di misurare il carattere universale della moralità cinica. Diogene Laerzio riporta queste parole di Diogene :
« Alla vista del figlio di una cortigiana che scagliava una pietra contro la folla, disse: “Stai attento a non colpire tuo padre !” » (5)
Potremmo reagire dicendo che, decisamente, Diogene era cattivo. Ma questo probabilmente significherebbe fraintendere la lezione. O questo tratto è crudele, crudele e stolto - e non si capisce perché abbia attraversato la storia - oppure, applicandogli il principio del ben trovato, ha un significato pedagogico che si potrebbe tradurre così : pensa al dolore che proveresti nell'apprendere che hai colpito tuo padre, cosi saprai come ti senti se colpisci qualcuno. Tutta l'umanità che siamo in grado di mettere nei nostri rapporti con i nostri cari, metterci nei dovremmo trasporla ai nostri rapporti con tutta la natura. Ed è questo che significa anche la famosa affermazione di Diogene (6) : « Quando gli è stato chiesto da dove venisse, ha risposto: “Sono un cittadino del mondo”. » (7)

Anche se non ho detto abbastanza per stabilire senza ombra di dubbio questa morale che attribuisco agli antichi cinici, è chiaro che una simile morale - fosse pure ipotetica - implica rimanere il più possibile estranei alle vicende del mondo, cioè alla gestione della città - diciamo alla politica - e all'arricchimento privato - diciamo agli affari puri e semplici. Nessun potere, nessun possesso, solo questo modo animalesco di vivere qui e ora.

Torniamo a Machiavelli.

Il cinismo che pensiamo di vedere nella sua opera o nelle sue intenzioni, è il cinismo di Diogene ? Certamente no. Ma allora, perché abbiamo usato questa parola ? In effetti, ciò che accomuna Diogene e Machiavelli è la preoccupazione di raccontare le cose come stanno. Ciò che è cinico in entrambi i casi è la volontà di non lasciare che le convenzioni sociali dettino il modo di parlare della realtà, cioè rifiutando ciò che è difficile da sopportare in questa realtà. Ciò che li separa è che Diogene, recitando quello che è il reale di certe attività umane, decide di non impegnarsi in esse, mentre Machiavelli, nonostante ciò che è questo stesso reale, accetta di mettersi in gioco.

Ci sono dunque, a mio avviso, due cinismi : un cinismo antico che cerca di vivere in conformità con la natura e si tiene lontano dal mondo sociale, dalla sua divisione del lavoro, e soprattutto dalla sua divisione del potere ; e poi un cinismo machiavellico - se così si può dire - che designa un comportamento spregiudicato, indifferente alle norme del mondo sociale, e più in particolare a quelle morali, e che soddisfa così più facilmente le ambizioni di potere e i desideri di possesso. Il secondo cinismo ha sostituito il primo. Il primo era morale, preoccupato dell'equilibrio vitale, estraneo al potere, al possesso e al benessere. Il secondo è immorale, basato su avido egoismo ed estremamente devastante.

Si capisce, mi dirai : ci sono i cinici machiavellici, i cattivi ; e ci sono i cinici diogeniani, quelli simpatici (o almeno innocui) ; nulla di nuovo sotto il sole.

Ma sì, c'è qualcosa di nuovo ! Sulla scala della storia, non c'è solo uno sconvolgimento nuovo, ma anche senza precedenti. E Machiavelli è stato uno di coloro che hanno permesso di comprendere la natura e la portata di questo sconvolgimento. Ecco come e perché.

Ciò che di solito chiamiamo politica, cioè ciò che ha a fare con il potere - più precisamente oggi con la cosa pubblica e la sua condotta - non sempre ha avuto l'importanza che ha acquisito nel corso dei secoli. Non sempre ha avuto l'impatto totalitario che ha oggi sulla vita, e specialmente sulla morte dei vivi. Ricordo alcuni risultati (risultati scientificamente verificati) che danno una panoramica della situazione :
- in pochi millenni circa due terzi degli alberi sono stati sradicati dal pianeta;
- in pochi decenni sono stati sterminati circa due terzi dei mammiferi selvatici e dei pesci ;
- in pochi anni sono stati debellati circa due terzi degli insetti ;
- la maggior parte dei punti di non ritorno del cataclisma ecologico sono già stati raggiunti ;
- le specie stanno ora scomparendo a un ritmo tra 1.000 e 10.000 volte superiore alla media ;
- solo il 20% della terra del pianeta non è ancora artificializzata ;
- l’oceano di plastica copre già un'area pari a tre volte la Francia e continua a crescere in modo esponenziale.
Mi fermo ; ci sarebbero molte altre osservazioni angoscianti da citare. (8)

Quello che voglio dire è che, tra le principali cause di questa situazione, c'è la politica e i poteri economici che la politica protegge, che funzionano in modo tanto cinico quanto lei. Non voglio dire con questo che non ci siano tra i politici - né tra gli imprenditori - persone oneste, sincere e preoccupate di fare la cosa giusta. Intendo semplicemente che la politica forma un sistema la cui regola - direi anche la natura profonda - è quella che Machiavelli ha messo in luce : questo secondo cinismo che ammette tutti i mezzi e quindi soddisfa tutti i fini. Per farla breve, citerò solo due esempi che illustrano perfettamente ciò che l'attuale drammatica situazione deve a questa natura della politica (9).

Le devastazioni del rapporto antropocentrico con il mondo sono note esattamente da mezzo secolo. Sono perfettamente descritti nel rapporto Meadows intitolato I limiti della crescita (10), pubblicato nel 1972. Perché abbiamo aspettato e aspettiamo ancora che la vita si sgretoli ogni giorno un po' di più in modo irreversibile ? Principalmente perché è la natura della politica ad essere cinica, machiavellica ovviamente.

Il cambiamento climatico è un aspetto del disastro che ha allertato più velocemente e più forte - se così si può dire - rispetto agli altri aspetti. Iniziò per essere negato - e lo è tuttora - ma diede anche origine a iniziative politiche. La prima conferenza mondiale sul clima risale al 1979. Ne sono seguite molte conferenze, alcune delle quali salutate come reazioni decisive : Rio Earth Summit nel 1992, Protocollo di Kyoto nel 1997, Accordo di Parigi nel 2015. Quali sono state le soluzioni adottate : pochissime. Come sono stati applicati : in modo molto incompleto. Perché ? Principalmente perché è la natura della politica ad essere cinica, machiavellica ovviamente.

Volenti o nolenti, Machiavelli ci ha insegnato la natura profonda e vera della politica. Ma la politica è così machiavellica che ha continuato a darsi un pieno di nobiltà, soprattutto quando ha cambiato le regole del gioco, per esempio in occasione di una rivoluzione. Le manifestazioni del suo cinismo hanno continuato a essere giudicate come deplorevoli eccezioni, portando alcuni, ad esempio, a giudicare l'esperienza comunista come « generalmente positiva » (11) per il regime totalitario più assassino che sia mai esistito.

Mi affretto a dire che non ho soluzione. Personalmente sono convinto che sia di scarso interesse conoscere le vere motivazioni di Machiavelli quando scrisse Il Principe. Ciò che figura ne Il principe è il vero volto della politica. In ciò che la politica è diventata da allora, non è la sua tendenza locale alla democrazia la cosa più importante (sebbene non trascurabile). Ciò che è diventato è ciò che provoca il cinismo machiavellico quando opera su grandi dimensioni : finitezza del mondo esplorato e sfruttato, esplosione demografica, tecnoingegneria devastante, consumi ipertrofici, ecc. Quindi pensare che la politica risolva i problemi non è la soluzione : è il problema.

C'è la possibilità di veder rinascere un cinismo diogeneiano, in armonia con la natura ? Non so ; temo addirittura di no. Ma tutto mi spinge a sognarlo (12).

(*) Questo post è servito come base per una piccola presentazione. Ringrazio Alessia Colurcio per le necessarie correzioni che mi ha indicate.
(1) Claude Lefort, Le travail de l’œuvre Machiavel, Gallimard, Bibliothèque de philosophie, 1972.
(2) Questa è la traduzione che ho fatto del testo francese tratto dalla traduzione di Toussaint Guiraudet in Machiavel, Le Prince, Ed. Garnier Frères, 1968, p. 58. Ecco il testo originale in italiano del XVI secolo : « Era tenuto Cesar Borgia crudele ; non di manco quella sua crudeltà aveva racconcia la Romagna, unitola, ridottola in pace et in fede. Il che se si considerrà bene, si vedrà quello essere stato molto più pietoso che il popolo fiorentino, il quale per fuggire el nome del crudele, lasciò distruggere Pistoia. Debbe, per tanto, uno principe non si curare della infamia di crudele, per tenere e’ sudditi sua uniti et in fede ; perché, con pochissimi esempli sarà più pietoso che quelli e’ quali, per troppa pietà, lasciano seguire e’ disordini, di che ne nasca occisioni o rapine : perché queste sogliono offendere una universalità intera, e quelle esecuzioni che vengono dal principe offendono uno particolare. » (Niccolò Machiavelli, Il principe, Einaudi, Torino, 1961, p. 60)
(3) Anche qui ho tradotto la versione francese citata (p. 61 e 62). Ecco il testo originale : « Dovete, adunque, sapere come sono dua generazioni di combattere : l’uno con le leggi, l’altro con la forza: quel primo è proprio dello uomo, quel secondo è delle bestie: ma perché el primo molte volte non basta, conviene ricorrere al secondo. Pertanto, a uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e l’uomo. […] A uno principe, adunque, non è necessario avere in fatto tutte le soprascritte qualità, ma è bene necessario parere di averle. Anzi ardirò di dire questo, che, avendole e osservandole sempre sono dannose, e parendo di averle, sono utili, come parere pietoso, fedele, umano, intero, religioso, ed essere; ma stare in modo edificato con l’animo, che, bisognando non essere, tu possa e sappi mutare el contrario. » (Einaudi, 1961, p. 64 e 65)
(4) Vedere Carlo Ginzburg, Nondimanco. Machiavelli, Pascal, Adelphi, Milano, 2018, specialmente il capitolo VII Machiavelli, Galileo e la censura.
(5) Tradotto dal francese da me da Diogène Laërce, Vies et doctrines des philosophes illustres, VI 62, Librairie générale française, 1999, p. 732.
(6) Chi volesse saperne di più su come percepisco Diogene può consultare la nota che gli ho dedicato il 12 settembre 2000.
(7) Diogène Laërce, Op. cit., VI 63, p. 733.
(8) Per ulteriori spiegazioni, cfr. ad esempio una presentazione di Aurélien Barrau su Internet, da cui ho preso in prestito alcuni dati : https://www.youtube.com/watch?v=r9vrU9g893o.
(9) Chi volesse saperne di più su come percepisco la politica può consultare tre note (tra le altre) in cui mi spiego un po' su questo argomento : il 9 giugno 2010 ; il 8 dicembre 2011 ; il 18 agosto 2021.
(10) Donella Meadows, Dennis Meadows, Jorgen Randers, Les limites de la croissance (dans un monde fini) [1972], Harmonia Mundi, Arles, 2012. La traduzione italiana certamente esiste ; non ho i riferimenti.
(11) L’espressione è stata usata da Georges Marchais, Segretario generale del Partito comunista francese, una prima volta nel 1979, una seconda volta nel 1989. Cfr. https://www.lemonde.fr/archives/article/1989/11/14/m-georges-marchais-reaffirme-que-le-bilan-des-pays-de-l-est-est-globalement-positif_4136300_1819218.html.
(12) Chi volesse saperne di più sui motivi che mi portano a sognare un nuovo cinismo diogeneiano può consultare la nota che ho dedicato all'argomento il 2 novembre 2021.

Altra nota su Machiavelli :
Discours sur la première décade de Tite-Live

2 commentaires:

  1. Grazie, Jean. Non credo di essere d'accordo con la tua interpretazione di Machiavel salvo sull fatto che dipinge la realta della politica comé é. E veramente nuovo quello che dipinge? Non ne sono sicuro. Il fatto di dipingerlo, si. Ma i fatti, no. Ne parleremmo un giorno. Spero.

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    1. È innegabile che i fatti politici hanno sempre avuto l'inclinazione cinica evocata da Machiavelli. La novità, in questo caso, è rappresentarli così. Siamo d'accordo. Di conseguenza, non capisco perché non sei d'accordo con la mia interpretazione. A meno che, ovviamente, sia per un altro motivo. E altri motivi, non mancano, poiché Machiavelli ha costantemente suscitato commenti divergenti : a volte, si tratta di rimproverargli la sua immoralità ; talvolta si tratta, al contrario, di assolverlo. Considerato che questi giudizi hanno poca importanza rispetto alla novità che costituisce di per sé la lucida rappresentazione di un mondo politico poco attento ai mezzi, personalmente ritengo inutile commentare la moralità di Machiavelli. È quanto ho cercato di spiegare ancora con il mio post del 13 gennaio 2023 relativo ai Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio.

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